Atmest mich

Capitolo 24
Alla fine l’ avevo avuto vinta io. Per lo meno, visto i tempi ristretti e gli impegni di tutti, non avremo dovuto prendere un aereo per andare a Parigi per girare il video.
Avevamo atteso con impazienza la perturbazione annunciata dal meteo per quella notte.
Alexander Platz chiusa e deserta, incuteva timore e al tempo stesso un senso di inquietudine estrema.
“ Sei pronta?” Mi chiese Bill, indossando il giubbotto di pelle nera.
“ Sì, un attimo…” Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l’ orecchio e lo seguii in silenzio.
Da quando io e Tom ci eravamo, per così dire, lasciati, anche il rapporto con Bill era inevitabilmente cambiato. Era gentile, sì, ma distante.
Non avevamo mai apertamente parlato di ciò che era successo, ma la sua tristezza di fondo era quasi palpabile.
“ Ho abbandonato il gioco Bill, che altro vuoi che faccia? Gli avevo detto un giorno, sbottando, stanca della sua indifferenza.
Il suo sguardo sofferente era valso più di mille parole e la prima frase uscita dalla sua bocca, mi era rimasta impressa come un marchio a fuoco nella mente.
“ Siamo tutti e tre infelici, bel risultato…”
“ Bill, tu e Tom vi amate…”
“ Errore: Io amo Tom e lui ama me e…te… E non avreste dovuto lasciarvi…”
“ Bill, io…”
“ Tu?”
“ Io voglio la vostra felicità…”
“ Torna da Tom allora. Lui ha bisogno di te.”
“ No, Bill, non posso continuare a turbare il vostro equilibrio e il mio…”
“ Neppure se io mi facessi da parte?”
“ A maggior ragione in questo caso…”
La conversazione era stata bruscamente interrotta dall’ arrivo di David e anche dopo esser ritornati ad esser soli, non era stato più ripreso il discorso.
Non avrei commesso nuovamente il medesimo errore. Tom se ne sarebbe fatto una ragione con il tempo.

Le prime gocce di pioggia cominciarono a scendere, mentre io e Bill ci posizionavamo davanti alla “Fontana dell’ amicizia tra i popoli”.
Un lampo squarciò le nubi e si alzò il vento.
Uno scenario perfetto.
Quella che andavamo a girare era la parte finale della canzone, la più sofferta, dove ci sarebbe stato un addio definitivo tra i due protagonisti della storia.
La scena prevedeva anche un bacio e questo, inutile negarlo, era la parte che più mi preoccupava.
Il tocco delle sue labbra mi aveva ogni volta turbata profondamente.
Mi metteva a nudo, incapace di dominare i miei sentimenti.
La domanda di Gustav mi perseguitava ancora, senza trovare risposta alcuna. Ovvero in certi frangenti non potevo negare di esser attratta dal moro, ma ciò si poteva definire amore?

“ Azione!”
La pioggia aveva preso a cadere fitta, bagnandoci completamente. Sentivamo i capelli appiccicarsi al viso e al collo, ma avevamo avuto l’ ordine tassativo di non scostarli. Il trucco di entrambi, volutamente non waterproof stava colando, avvertivo un leggero bruciore agli occhi, probabilmente rigando le nostre guance di nero.
Bill cantava piano muovendo le labbra, supportato dal playback. Uno di fronte all’ altra, mi teneva entrambe le mani, guardandomi negli occhi.
Posò le sue labbra sulla mia bocca e il bacio che ne seguì non ebbe nulla di cinematografico. La sua lingua si muoveva leggera a contatto con la mia, mentre mi teneva il volto tra le mani.
Un brivido che durò qualche secondo, lasciandomi nella confusione più totale.
Ci volle più di un attimo per riprendermi, mentre cercavo di sostenere il suo sguardo.
Mi staccai bruscamente da lui, allontanandomi mentre mi dirigevo verso la telecamera che ci aveva inquadrato, la quale manteneva il primo piano solo su di me, mentre Bill appariva come un punto sempre più sfocato all’ orizzonte.
“ La frase conclusiva della canzone spettava a me:
Die Welt aus Papier, gehört nur Ihnen,
Ich muss weg von hier…
Mi ero voltata a pronunciarla con il labiale, verso di lui che mi osservava andar via, tenendo le braccia lungo i fianchi.
“ Stop!”
“ Cavolo, buonissima!! Siete stati magnifici!!”
Il regista ci aveva raggiunti mentre ci stavamo asciugando in fretta. Nonostante il clima estivo, l’ acquazzone aveva notevolmente abbassato la temperatura e io mi accorsi di tremare. Sentivo il freddo penetrarmi nelle ossa.
“ Etciù!!” Starnutì il moro, sfregandosi i capelli con un asciugamani.
“ Forza a fare una doccia bollente! Non vorrete beccarvi una polmonite in piena estate!” Ci redarguì David come fosse una vecchia chioccia.
Ci dirigemmo a passo svelto al Park Inn, dove avevamo affittato alcune stanze per l’ occasione.
Alla reception una conturbante moretta ci diede le chiavi delle nostre stanze.
“ Signor Kaulitz, ha una visita… l’ ho fatto salire…”
Bill guardò me e poi la donna, interrogativo, ma senza chiedere chi fosse si diresse agli ascensori, ringraziandola per l’ informazione.
Salimmo in un silenzio quasi imbarazzante. Immaginavo che la visita in questione fosse Tom, ma piuttosto che chiederlo mi sarei morsa la lingua.
Le porte si aprirono al piano con un sonoro, quanto odiato ‘plin-plon’.
“ Ci vediamo dopo Ary?”
“ Non lo so, che c’è in programma?”
“ Nulla, solo farci una bella dormita…”
Il maltempo non accennava a diminuire e quell’ ultima frase fu accompagnata da un tuono che mi fece sussultare in mezzo al corridoio.
“ Non credo che riuscirò a dormire, con questo temporale…”
“ Hai paura? Sono ben altre le cose che dovrebbero spaventarti!” Esclamò, ritrovando per un momento quel suo antico modo di canzonarmi.
“ Beh, oltre a quelle anche questa…”
Sentivo la necessità di asciugarmi e questo discorso non faceva altro che raffreddarmi ulteriormente. Parlare con lui o con la sfinge non faceva alcuna differenza, parlava per enigmi! Quando sarebbe riuscito a far un discorso chiaro?
“ Bill, vado a far la doccia, ho freddo.”
“ Ok, piccola, sono qui se hai paura.”
“ Ma non hai visite?”
“ Niente di importante. Dietro quella porta c’è Tom, che probabilmente sarà stravaccato sul letto con tanto di scarpe a ingurgitare chissà quale schifezza!”
“ Ah, Tom…” Quell’ esclamazione mi era uscita con la voce così strozzata che Bill si mise a ridere.
“ Sì, Tom, hai presente, quel cavernicolo coi rasta?”
“ Più o meno…”
Mi baciò inaspettatamente la fronte.
“ Spero che il temporale duri tutta la notte, mi dà una notevole energia, tutta questa elettricità…”
Mi guardò così ardentemente che per un istante pensai di finir incenerita dal potere dei suoi occhi. Boccheggiando riuscii solo a dire:
“ Buona veglia allora, credo non dormirai neppure tu…”
Mi richiusi la porta alle spalle, affamata di ossigeno.
Quel ragazzo era il demonio.
E io ci stavo ricascando.
Mi liberai in fretta degli abiti inzuppati, gettandoli in un angolo ed entrai in bagno. Accesi la luce ed un enorme specchio sul lavabi doppi riflettè la mia figura. Il viso era uno scempio al pari di quello del moro, sembravo un pierrot stravolto. Mi struccai a fondo e poi feci per entrare nella doccia.
Una parete sottile divideva le nostre stanze e mi parve di sentire così la voce di Bill.
“ Ho provato Tom, ma non ne vuole sapere! Mi dispiace, ma la nostra amica ha abbandonato il gioco!”
“ Io la rivoglio Bill!! Vado da lei!”
“ Fa quel cazzo che vuoi, ma non tornare più qui dopo che ti avrà sbattuto la porta in faccia! Io non sono la tua ruota di scorta, ok?!”
La porta aveva successivamente sbattuto, ma al contrario di ciò che poteva sembrare, Tom non venne da me. Rimasi in ascolto, avvertendo i suoi passi strascicati in corridoio e lo scampanellio dell’ ascensore.
Tom mi rivoleva e Bill soffriva.
Entrai nella doccia e aprii l’ acqua che bollente non mi riscaldò comunque.
Mi mancavano tutti e due e così non saremo potuti andare avanti oltre.
Tom mi rivoleva, Bill soffriva, ma non era venuto a bussare alla mia porta. Questa sua indecisione era sintomatica.
Mi asciugai in fretta giusto in tempo per sentire un colpo dall’ esterno.
Indossai l’ accappatoio e andai ad aprire.
Bill in tuta con i capelli ancora bagnati, mi apparve davanti.
“ Sono io che ho paura ora, mi fai compagnia?