Atmest mich

Capitolo 22
“ Cara, dobbiamo fare prestissimo! Oddio la mia acconciatura è rovinata!”
Mi urtava la voce cinguettante di Gerd, il parrucchiere, che saltellante girava intorno alla mia poltroncina, cercando di porre rimedio allo scempio che erano diventati i miei capelli.
“ Stirali, Ary sta benissimo coi capelli dritti…” Una mano curata e laccata di nero porse all’ acconciatore la piastra professionale ancora bollente.
Riflessa nello specchio la figura di Bill era da togliere il fiato. Indossava la maglietta che avevamo comprato insieme e i capelli lisci come la seta ricadevano composti sulle sue spalle magre. Si sedette vicino a me e prese a fissarmi in silenzio.
Mi sentivo imbarazzata come non mai. Quei suoi occhi stupendi, mi scrutavano con fare indagatore, come a voler carpire qualche notizia direttamente dalle mie cellule cerebrali.
“ E’ simpatica Kat, vero?” Esordì all’ improvviso.
“ Sì, una cara ragazza…” Risposi evasiva.
“ Non ti da fastidio che stia con Georg?”
“ Perché dovrebbe? E poi Georg si merita un po’ di felicità, e se lei è la persona giusta per renderlo felice…”
“ Potevi esserci tu al suo posto…” Che voleva dire con questa affermazione?
“ Non capisco Bill…”
“ Se Tom non si fosse invaghito di te, saresti potuta rimanere con lui…”
“ Ci eravamo già lasciati, se è per questo…”
“ Tom ha fatto in modo che succedesse…” Perché mi stava dicendo questo, proprio ora?
“ Bill dove vuoi arrivare?”
“ Tom è abituato a prendersi tutto quello che gli interessa, a qualsiasi costo…”
Gerd ci fissava incuriosito, non che fosse particolarmente pettegolo, ma non mi piaceva l’ idea che ascoltasse gli affari miei.
Distolsi lo sguardo dal moro, prendendomi a fissare le mie unghie laccate di rosso sangue.
Inaspettatamente lui mi accarezzò il braccio.
“ Ho visto che ti sei portata la minigonna che ti ho consigliato io… mettila con la maglietta rossa, quel colore ti sta d’ incanto…”
Si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza, facendosi investire quasi da Dinah, che in tutta fretta stava entrando con gli abiti che avrei dovuto indossare.
“ Presto tra 15 minuti si comincia! Oddio ma devono ancora truccarti?”
“ Paula!” gridò, “ Ma dove si è cacciata quella stupida?”
Dinah non si arrabbiava mai, eccetto quando parrucchieri e truccatori perdevano tempo.
“ Gerd, su svelto! Che ci vorrà mai a fare una piastra!” L’ uomo la guardò male e con un gesto di stizza, posò lo strumento sul ripiano e prese a spazzolarmi con vigore i capelli.
“ Paula!!”Continuò a ringhiare Dinah, lungo il corridoio.
La ragazza sbucò fuori dal bagno aggiustandosi la maglietta sul jeans.
“ Arrivo e che sarà mai!”
Si avvicinò a me, che intanto mi stavo vestendo, osservando le due magliette poste sull’ attaccapanni.
“ Questa.” Mi indicò, prendendo tra le dita quella nera.
“ Ma invece pensavo a quella rossa…”
“ Il divano sul quale sarai seduta è rosso, se indosserai quella scomparirai nell’ inquadratura!”
La guardai con occhio critico, ringraziandola mentalmente per il suggerimento. Dunque Bill l’ aveva fatto apposta?
Delle voci concitate in corridoio, mi diedero conferma del contrario.
“ Avevo detto bianco! Siete sordi?”
“ Ma Bill, è un divano!” Tentava David di difendersi.
“ Non me ne frega un cazzo! Io, su quella cosa rossa non mi ci siedo!”
“ Non ti sembra di esagerare?” Tom, in maniera più pacata, cercava di ricondurlo alla ragione.
“ No, perché nessuno mi ascolta mai, quando parlo?” La sua voce sembrava addirittura incrinata.
“ Cazzo, smettila di fare la diva capricciosa per una buona volta!” tuonò il fratello.
“ Stronzo!!” Gli urlò di rimando prima di rientrare nel camerino, sbattendo con violenza la porta, facendo sussultare la ragazza che mi sbaffò l’ occhio di kajal.
Lo guardai attraverso lo specchio, mentre con rabbia si sedeva su di una poltroncina di vimini che tanto si intonava alla sua maglietta.
“ Facciamo portare di là questo salottino… Ci staremo un po’ stretti, ma io potrei sempre sedermi in braccio a Tom…”
Bill alzò gli occhi lucidi e accennò un sorriso.
“ Sono assurdo vero?”
“ Un po’ tesoro, ma puoi sempre migliorare…” Non mi spiegavo questi suoi sbalzi d’umore e nemmeno i miei a dir il vero. Riusciva a scatenare in me una così grande serie di sentimenti contrastanti da uscirne pazza.
Dinah ritornò dentro per vedere a che punto fossi coi preparativi.
“ Ho finito, ma vorrei fare una richiesta…”Dissi lisciandomi la minigonna.
“ Pensi che si potrebbe far portar di là questo salottino? Credo che il divano rosso non si intoni con le nostre magliette…” Pigolai imitando il moro, che scosse la testa sorridendo, nascondendo il suo bel volto tra i capelli.
“ Stai scherzando, vero?” Borbottò incredula.
“ Dinah, per favore… Volete che si faccia questa cazzo di intervista?”
“ Sì ma… tra due minuti…”
“ E’ un’ intervista registrata! Possiamo ritardare di 5 minuti e nel frattempo far portare questa roba di là?” Mi piaceva il tono autoritario della mia voce e ancor più la faccia sorpresa del moro e finito di ridere, mi stava osservando con la bocca semiaperta.
Dinah fece per ribattere, ma con un cambio repentino di rotta, uscì invece dalla stanza, brontolando qualcosa un una lingua sconosciuta.
“ Grazie…” Sussurrò Bill.
“ Di niente.” Risposi allacciandomi il cinturino di uno dei miei sandali.
“ So a che stai pensando…” continuò lui.
“ E cioè a cosa?”
“ Che sono una stronzetto viziato…”
“ Già, non è difficile arrivarci…”
Mi afferrò per le spalle deciso, ma gentile. Si avvicinò alle mie labbra e sopra ad esse posò un leggero bacio.
“ Anche io sono abituato ad ottenere ciò che voglio, a qualunque costo…”
Si allontanò da me con un balzo felino, non appena due addetti aprirono la porta in malo modo per prendere il salottino e portarlo nello studio.
“ Grazie ragazzi, siete fantastici!” Esclamò battendo le mani contento.
Uno degli operai lo squadrò da cima a fondo per poi passare in rassegna la mia figura, quasi spogliandomi con gli occhi.
“ E’ un piacere, bellezze…” Rispose, ridendo sotto i baffi.
“ Ti ha scambiato per una donna o ti sta prendendo in giro?” Gli chiesi sussurrando al suo orecchio.
“ Non importa, stanno facendo quello che vogliamo noi, no?”
“ Oh, sì certo…”
“ Non ti sei messa la maglietta rossa…” Notò solo in quel momento.
“ Kaulitz, non tutti si sottomettono ai tuoi voleri, fattene una ragione…”
Con la certezza di averlo spiazzato almeno per i successivi 5 minuti, mi specchiai per l’ ultima volta, prima di lasciare il camerino.
Bill mi corse dietro, abbandonando per un attimo tutte le sue suadenti movenze.
“ Impari troppo in fretta, signorina…”