Atmest mich

Capitolo 18

Se non avessi saputo in anticipo che quello era un party in nostro onore, me ne sarei andata dopo 5 minuti.
Odiavo tutto quello che ci circondava. Si poteva respirare solo falsità in dose massiccia.
Il nostro ingresso nel locale aveva suscitato la curiosità di molti, ma in fondo a nessuno dei presenti importava chi fossero Aryanne Schell o i Tokio Hotel dal punto di vista musicale, la cosa fondamentale era farsi vedere o fotografare insieme alle persone giuste.
Quella bionda, di cui fino ad un attimo prima non conoscevo neppure l’ esistenza, stava avvinghiata a Tom in modo decisamente volgare.
Bill, dall’ altra parte del bar, stava parlando con un giornalista seduto accanto a Gustav, che era l’ immagine dello sconforto fatto persona.
Georg e una ragazza dall’ improbabile chioma rosso fuoco, parlavano fitto su un divanetto.
Mi lisciai il mio abitino sexy ed accavallai, scocciata, le gambe su uno degli alti sgabelli posti intorno al bancone. Non ero nata per far l’ attrice e non mi riusciva di celare il mio stato d’animo. Avvertivo una leggera dolenzia al volto a forza di sorridere forzatamente a tutta quella gente assurda.
“ Oh, mio Dio Aryanne il tuo singolo è veramente stupendo, il video poi… Una meraviglia!!”
Avrei volentieri ucciso i tre quarti delle assillanti persone presenti, che neppure conoscevo.
Bill ogni tanto mi lanciava occhiate complici, a differenza di me, sapeva come recitare la parte, sorridendo a destra e a manca, conversando amabilmente con chiunque gli si presentasse davanti.
Era una prima donna a tutti gli effetti, perfettamente consapevole delle reazioni che suscitava.
Era splendido completamente vestito di nero. Unico vezzo le bretelle argentate a spezzare quel tetro colore che addosso a lui brillava.
Ci eravamo a malapena salutati, fagocitati poi dalla folla.
Approfittai del momento di calma per dirigermi verso il bagno.
Il mio trucco sicuramente aveva bisogno di qualche ritocco.
Fortunatamente era deserto.
Fissai a lungo la mia immagine riflessa nello specchio, cercando di capire quanto di vero ci fosse in quei complimenti ricevuti da perfetti sconosciuti che osannavano il mio aspetto.
Poi la porta si spalancò all’ improvviso, lasciandomi interdetta.
Due forti braccia mi presero alle spalle e mi scaraventarono letteralmente contro il muro.
Le sue mani mi sollevarono l’ abito e mi spostarono il perizoma.
Sentii la sua erezione contro le mie natiche ed incapace di reagire, mi limitai ad aprire la porta di uno dei gabinetti e trascinarlo dentro con me.
“ Cazzo sei bellissima…” Mi sussurrò roco all’ orecchio, affondando le dita nella mia intimità.
Sentii invadermi da un’ ondata di piacere, mentre armeggiavo con la cintura e la zip dei suoi pantaloni.
“ E’ una follia…” Protestai, consapevole di quanto la mia razionalità fosse in contrasto con il calore sprigionato dal mio bassoventre.
“ Era una follia lasciarti su quello sgabello, in pasto a quegli idioti che ti guardavano le gambe e le tette…” Rispose penetrandomi con forza.
Alzai una gamba circondandogli i fianchi per aderire meglio al suo bacino e sospirai, prendendo fiato per il prossimo attacco.
“ Chi cazzo era quella bionda?” Chiesi, facendolo uscire da me, dispettosa.
“ Una troia, non ricordo neppure il suo nome…”
“ Davvero? Non mi sembrava che ti dispiacesse la sua compagnia…”
“Ary, fatti scopare, ne ho bisogno…”
Lo guardai per un attimo attonita.
Sicuramente aveva bevuto e a me non sarebbe costato nulla fargli portare a termine ciò che lui era ansioso di continuare.
“ Sei un fottuto maiale Tom…” lo apostrofai, aggiustandomi il vestito e aprendo la porta con forza.
Lui mi guardò quasi colpevole, cercando di trattenermi per un braccio, questa volta delicatamente.
“ Non fare così, per favore…” mi implorò, con lo sguardo da cerbiatto ferito.
“ Fanculo Kaulitz!” Sibilai tornando dentro a quello stretto loculo.
“ Sono due settimane che non stiamo insieme…” Sussurrò, baciandomi il collo.
“ E vorresti scopare qui?” Chiesi alterata.
“ Ovunque, purchè sia tu.”
“ Allora resisti. Stanotte, a casa mia. Prendere o lasciare.” Replicai uscendo.
Lo vidi accasciarsi sul water, sconfitto.
“ Ben ti sta Tom, così impari a pensare che tutto ti sia dovuto…”
Certo, erano stati giorni frenetici e nessuno di noi aveva avuto il tempo nemmeno di respirare, ma a parte qualche messaggio o breve chiamata, nessun altro segno di vita.
A differenza del gemello che mi aveva chiamato ogni giorno, anche solo per salutarmi.
Mi specchiai velocemente, prima di uscire dalla toilette e poi raggiunsi Bill che stava parlando con un giornalista di ”Bravo”.
“ Max, conosci Aryanne?” Gli disse abbracciandomi.
“ Certo l’ ho intervistata qualche mese fa, durante il tour.
“ Ciao Max…” Lo salutai distratta, inebriata dal profumo del moro.
La sua mano leggera, mi accarezzava il fianco. Non potevo dire con certezza che fosse un gesto intimo, ma quel contatto mi infondeva sicurezza e al tempo stesso mi eccitava.
“ Aryanne, sei ancora più bella di come ti ricordavo…” Continuò il giornalista, consapevole che forse quel complimento non mi avrebbe neppure sfiorato.
Bill ormai aveva totalmente attirato la mia attenzione e sinceramente non mi importava gran chè di ciò che stava avvenendo intorno a me in quel momento.
Anche Tom ci raggiunse e non potè far a meno di notare la mano del fratello che indugiava sul mio fianco.
Si mise seduto vicino a me e ordinò un cocktail a base di wodka.
Lo guardai di sbieco, quasi minacciandolo. Non volevo certo un ubriacone nel mio letto!
Il velato messaggio sortì l’ effetto desiderato, tanto che lui fermò il barman prima che lo iniziasse a preparare.
Sorrisi a me stessa, soddisfatta.
Tom sapeva esser un bambino ubbidiente.
Quella serata sembrava interminabile, avevo perso il conto di tutte le persone con cui avevo conversato, riso, scambiato abbracci amichevoli senza nemmeno sapere chi fossero.
Stephen si era prodigato a presentarmeli uno per uno, ma la mia mente vagava già altrove.
Non riuscivo a smetter di osservarli mentre parlavano fitto fitto, quasi sfiorandosi le labbra. Solo io potevo leggere un secondo significato in quella vicinanza.
“ Io me ne vado Tom…” Gli sussurrai ad un tratto, mentre era nel bel mezzo di una conversazione con un’ altra non meglio identificata biondona.
Mi sorrise, facendomi l’ occhietto e come se niente fosse, riprese la conversazione con la donna.
Un attore nato, non c’era che dire!
Uscii dal locale, seguita da Stephen e Dinah che cominciavano a dar visibili segni di cedimento.
Salimmo sulla nostra limousine a noleggio, mentre i flash temerari dei paparazzi che non conoscevano sonno, ci immortalavano per l’ ennesima volta.
Arrivai a casa e come prima cosa mi tolsi i sandali. I piedi pulsavano dal dolore e lo stomaco borbottava scontento per le schifezze ingurgitate.
Non avevo praticamente cenato ed erano bastate due Caipiroska alla fragola per farmi contorcere le budella.
Andai in cucina e aprii il frigorifero in cerca di qualcosa da metter sotto i denti.
“ Devo mandare Martha a fare la spesa…” Brontolai, costatando la desolazione sui ripiani.
Addentando una carota, tornai nel salone e mi sdraiai sul divano.
Tra non molto sarebbe arrivato Tom.

Le prime luci dell’ alba mi trafissero come lame. Il soggiorno in pochi istanti venne travolto dalla luce del sole.
Mi tirai su a sedere cercando di metter a fuoco le lancette del mio orologio a muro super hi-tech.
Le cinque e ventisette.
Dove cazzo era Tom?